Il bilancio energetico 2017 del Comune di Verona si chiude con un risultato all’apparenza meno negativo dell’anno scorso. Il consumo medio procapite di energia è infatti rimasto sostanzialmente invariato attestandosi attorno ai 19 megawattora per abitante, mentre si registra una forte riduzione, pari al 20,55%, dei consumi del settore industriale non ETS (cioè non soggetto al meccanismo dei crediti di carbonio), riflesso di un nuovo rallentamento dell’economia dopo la ripresina del 2016.

Si aggiunga il fatto che l’ufficio europeo del Patto dei Sindaci ha invitato gli enti locali a tenere una duplice contabilità, ricalcolando l’inventario delle emissioni con e senza l’apporto del settore industriale (in quanto fuori dal controllo diretto delle amministrazioni locali).

I ricalcoli così effettuati mostrano risultati molto più confortanti, anche se ovviamente meno veritieri: escludendo l’apporto del settore industriale la riduzione di gas serra (CO2) sale infatti dal 3,3% al 16,9% nel 2016 e dal 5,6% al 14,8% nel 2017. Senza contare l’industria, dunque, saremmo molto più vicini all’obiettivo del 20% entro il 2020 (si ricorda che il parametro di riferimento è dato dalle emissioni rilevate nel 2006).

Verona può far meglio di così? Certo che sì: il Comune può risparmiare centinaia di tonnellate di emissioni di CO2 obbligando gli esercizi commerciali a mantenere chiusi i battenti degli accessi pubblici quando all’interno c’è un sistema di climatizzazione in funzione, sia d’estate che d’inverno. La misura era stata promessa dall’assessore Segala ma non è stata mai attuata. L’ordinanza sindacale sulle misure antinquinamento del settembre scorso riporta infatti una semplice raccomandazione, senza alcuna sanzione collegata.
Verona presenta inoltre una grossa criticità nella raccolta dei dati: i database di Megareti (AGSM) sugli usi dell’energia non sono più aggiornati da tempo. Questo è una mancanza grave per un’azienda che ha la sostenibilità tra i suoi obiettivi.
Messe da parte le questioni statistiche, occorre prendere atto una volta per tutte che il settore di gran lunga più energivoro e impattante in termini di CO2 emessa resta quello dei trasporti, e che c’è pertanto bisogno di un PUMS coraggioso e partecipato che accompagni la popolazione verso un effettivo cambiamento di abitudini di spostamento privilegiando la mobilità attiva (a piedi e in bici) e il trasporto pubblico.
Tutte queste misure sono ancor più necessarie in considerazione dell’adesione (avvenuta lo scorso luglio) del Comune di Verona al nuovo Paesc (Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima) che prevede obiettivi ancora più ambiziosi, tra cui la riduzione delle emissioni di CO2 del 40% entro il 2030.
La nostra proposta è che il Comune si doti di di un sistema volontario di contabilità/reporting ambientale come fanno già tante altre città come Bologna, Ferrara, Ravenna, Cremona, le quali compilano, analogamente e contestualmente ai bilanci finanziari, anche un bilancio ambientale preventivo e consuntivo. Ad oggi abbiamo soltanto  una serie di monitoraggi parziali monotematici che non ci fanno comprendere l’insieme delle politiche ambientali.Il capogruppo Pd della Quinta Circoscrizione
Michele BresaolaPer il gruppo consiliare comunale Pd Verona
Federico Benini, Elisa La Paglia, Stefano Vallani


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