Lo scultore Giuseppe “Bepi” Garonzi con il suo scalpellino ha saputo smussare e realizzare opere che oggi fanno parte della storia di Verona. Una vita, la sua, spesa a favore di un’attività lavorativa durata fino all’età di 99 anni, durante la quale ha saputo tener viva la tradizione del mondo dei cavatori di pietre e degli scalpellini, esercitata soprattutto nelle cave di Tufo e di Pietra Galina di Quinzano e Avesa.
Oggi Quinzano rende omaggio all’artista, nato il 6 dicembre 1911 e morto l’11 agosto 2010, intitolandogli la sala polifunzionale comunale in via Quinzano 24/d. Un riconoscimento all’arte di un veronese che si può ammirare in tutta Italia, grazie anche alle sue collaborazioni con gli architetti Ettore Fagiuoli e Carlo Scarpa. Tra le sue creazioni anche la fontana in rosso S. Ambrogio che abbellisce una villa del maresciallo Tito in Dalmazia.
Dopo il suo pensionamento ha voluto lavorare gratuitamente per lasciare anche al suo paese di Quinzano tangibili ricordi della sua arte, realizzando sculture di San Alessandro e di San Rocco, formelle perla Via Crucis, e molte altre formelle e sculture, lavorando fino a 99 anni. La sua epigrafe riflette le sue convinzioni e riassume la sua esistenza: “La vita… non è fortuna ma fede e lavoro”.
All’intitolazione sono intervenuti l’assessore al Decentramento Federico Benini, la presidente della Circoscrizione 2^ Elisa Dalle Pezze, i figli di Giuseppe Garonzi e il presidente della Cooperativa fra Operai e Braccianti Onlus Pericoti Novello Bertani.

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