Siamo d’accordo che la città necessita di un impianto moderno, confortevole e adeguato agli standard interazionali, sicuro e accessibile. Questo però non si può ottenere ai danni del quartiere, che negli anni si è trasformato da estrema periferia a quartiere residenziale, sviluppando bisogni specifici che non possono essere ignorati. Né tanto meno può avvenire forzando la mano agli attori in campo, Chievo in primis, che è una delle due principali società professionistiche della città.

 

Il progetto proposto dalla società Nuova Arena di Verona e sostenuto dall’amministrazione comunale prevede un carico di commerciale e di ricettivo che è semplicemente incompatibile con la vita del quartiere in quanto incrementerebbe esponenzialmente il traffico e ucciderebbe il sistema di negozi di vicinato. Sarebbe il colpo di grazia nell’ambito di un contesto già difficile.

 

L’unica opzione compatibile con il quartiere è dunque la ristrutturazione dello stadio esistente, senza innesti di aree commerciali e ricettive. Abbiamo visto che per l’iscrizione alla serie A sono sufficienti piccole modifiche da poche centinaia di migliaia di euro che il Consiglio comunale ha già deliberato anche con il nostro voto favorevole. Per interventi più consistenti, per i quali si ipotizzano cifre attorno ai 4-5 milioni di euro, non è da escludere il contributo di privati sotto forma di sponsorizzazioni.

 

L’amministrazione sta quindi commettendo un errore innanzitutto di metodo, pretendendo di fare una scelta importante per la città senza minimamente discuterla con tutti gli attori in campo: il quartiere e le società professionistiche più importanti, Chievo in primis. L’esatto contrario di ciò che avviene a Milano dove le le società di Milan ed Inter stanno procedendo di comune accordo.

La storia insegna che l’assenza di un percorso partecipato mette da subito a rischio la realizzazione stessa del progetto. Dare a Verona un nuovo stadio obbliga pertanto ad una riflessione perché non c’è nulla che obblighi questa amministrazione a rifarlo nel luogo ove esso è ora.

 

L’ipotesi di uno stadio nuovo fondato su un business misto di sport, spettacoli, aree commerciali e ricettive richiede necessariamente un decentramento. Dove? Sta innanzitutto all’amministrazione rispondere. La proposta del nuovo stadio non era parte del programma elettorale del Sindaco né nelle linee di mandato amministrativo. Non a caso ha spiazzato buona parte della sua stessa maggioranza.

 

Per quanto ci riguarda diciamo che occorre individuare un’area esterna collegata e servita. In questo senso ci stupisce che ad ottobre, con il fascicolo di Ikea aperto, Sindaco e assessore all’urbanistica abbiano posto sul tavolo delle compensazioni il palazzetto della musica e non lo stadio che avevano già in mente.

 

Purtroppo per la città, l’amministrazione comunale è incapace di ragionare in un’ottica di sistema con i territori circostanti. Di questa incapacità di uscire dai confini della città antica ha fatto le spese lo stesso aeroporto, che non è mai stato collegato da un trasporto pubblico rapido, e lo stesso territorio comunale, che si ritrova assediato da cantieri di un filobus semplicemente inadeguato a coprire il fabbisogno di trasporto pubblico della città.

Grazie a questa mentalità Verona sta vedendo insidiato anche il primato storico nell’attività di scambio intermodale delle merci, in particolare a causa del nuovo polo che verrà costituito ad Isola della Scala.

 

In conclusione, pensiamo che la realizzazione di un nuovo stadio possa essere un’opportunità per porre a tema, in modo partecipato, da una parte la “liberazione” del quartiere in cui esso è ora e dall’altra scelte urbanistiche lungimiranti che inizino a ridisegnare le nostre periferie connettendole al centro ed ai territori confinanti. Va dato un tempo idoneo a tutto ciò e quindi, nel frattempo, si può continuare ad utilizzare l’attuale stadio (ed è possibile farlo con relativamente pochi soldi) migliorando, senza distruggere, gli equilibri socio-economici del quartiere.

Per il nuovo stadio si pensi con buon senso e lungimiranza ad un luogo al di fuori del quartiere destinando in parte a piazza pubblica e verde  gli spazi liberati. Lo Stadio infatti è anche l’unico quartiere a non disporre di una piazza pubblica”.

 

Un’amministrazione che ha a cuore la qualità di vita dei propri cittadini, davanti all’ipotesi di metter mano al tema dello stadio, ha l’obbligo di porsi qualche domanda e di fare le dovute valutazioni, procedendo nella scelta con metodo partecipativo e coinvolgendo in essa le forze migliori della città e soprattutto gli attori cui tale struttura è destinata.

 

Decidere che un grande attrattore di traffico come lo stadio rimanga in un quartiere  divenuto ad altissima densità abitativa con l’aggravio di ulteriori funzioni commerciali e turistiche, senza avere una visione complessiva di sviluppo della città e del quartiere stesso, ci appare una scelta molto pericolosa nella sua attuazione e poco lungimirante per il buon vivere dei suoi cittadini.

Categorie: Stadio

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