Se la soluzione del project financing non fosse stata di per sé pessima, verrebbe da dire che i dipendenti Amia sono passati dalla padella di Tosi alla brace di Sboarina. Di fatto l’unica cosa certa è che non ci sono certezze per il futuro di questa azienda, il ritorno in house di Amia si presenta per i lavoratori e le lavoratrici Amia come un salto nel vuoto senza paracadute.
L’amministrazione infatti non esclude la possibilità di scorporare dal gruppo Agsm-Aim soltanto la manodopera, creando così due società che sarebbero due involucri semi vuoti: una, che resterebbe in corpo ad Agsm-Aim, contenente mezzi e immobili. E l’altra, che farebbe in qualche modo capo al Comune, contenente appunto soltanto i lavoratori e le lavoratrici.
Ma non mancano nemmeno le ipotesi intermedie, pertanto ad oggi i dipendenti Amia non sanno se finiranno sotto Amia, sotto la newco, sotto il Comune o se resteranno in qualche modo sotto Agsm.
La verità è che il Sindaco avrebbe dovuto ascoltarci e pensarci prima, al tempo dell’aggregazione con Aim, quando il problema del futuro di Amia era già sul tavolo.   
Che lo scorporo di Amia o di una sua parte costi mille euro, due milioni o trenta milioni di euro, l’amministrazione dovrà anche spiegare come intende rifondere il gruppo Agsm-Aim della menomazione, se in denaro oppure scendendo nel capitale sociale del gruppo. Ma a tutto questo il Sindaco non ha risposte lasciando nell’incertezza centinaia di famiglie.
Federico Benini, consigliere comunale Pd capogruppo


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