L’ordine del giorno per la revoca delle mozioni omofobe del 1995 sottoscritto dai capigruppo di maggioranza (Partito Democratico, Lista Tommasi Sindaco, Verona in Comune e Traguardi) è un atto dovuto che consente di riscattare la città di Verona da uno degli atti di indirizzo più retrogradi concepiti dalla destra veronese, che ha lavorato per dividere ed escludere anziché per unire ed integrare.
Allo stesso tempo, la sua approvazione corona l’azione di contrasto alle discriminazioni e per il riconoscimento dei diritti civili che come Pd, assieme agli alleati, abbiamo svolto nelle ultime tre amministrazioni.
Il dispositivo riprende e amplia l’ordine del giorno Benini-Bertucco del 2018, osservando che tutte le distinzioni che queste mozioni contengono tra famiglia naturale e convivenze omosessuali e il preteso divieto di deliberare provvedimenti “che tendano a parificare i diritti delle coppie omosessuali a quelli delle famiglie naturali” sono in contrasto con il dettato costituzionale sulla parità di trattamento tra i cittadini; con le disposizioni e le risoluzioni del Parlamento europeo e, da ultimo, anche con la legge Cirinnà che nel frattempo ha regolato le unioni civili tra persone dello stesso sesso senza tuttavia imporre alcuna parificazione con il matrimonio.
L’insostenibilità della situazione veronese era stata segnalata e censurata lo scorso dicembre anche dall’Unar, l’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio.
Il processo di revoca che questo ordine del giorno apre riporta dunque Verona nell’alveo della civiltà del diritto e consente di riprendere la strada per una città aperta ed inclusiva.

Categorie: Diritti civili

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