La nuova legge regionale sull’edilizia residenziale pubblica crea allarme tra gli inquilini Ater e Agec

 

 

Riceviamo numerose segnalazioni di inquilini di case pubbliche Ater o Agec allarmati per l’adeguamento dei canoni di locazione entrato in vigore dal 1° luglio scorso.

 

Occorre dire che non si tratta di un fulmine a ciel sereno, perché le Ater avevano dato preavviso dei cambiamenti in corso. Del resto la legge di riorganizzazione dell’edilizia residenziale pubblica –  che in buona sostanza lega l’assegnazione dell’alloggio alla presentazione del nuovo Isee certificato dall’Inps –  è del novembre 2017, mentre il regolamento attuativo è del 31 luglio 2018.

 

Un conto, però, è sentirsi parlare di un rincaro, un altro paio di maniche è vedersi schizzare il costo dell’affitto di 2-3 o anche 10 volte, come sta accadendo in questi giorni, per quanto bassa possa essere la cifra di partenza.

 

La nuova legge e il nuovo regolamento hanno scopi del tutto condivisibili in quanto mirano a scardinare certe storture che da decenni fossilizzano la gestione del patrimonio residenziale pubblico a beneficio dei pochi che una volta entrati nelle case non ne escono più, e a danno di chi ne avrebbe più bisogno ma non trova case libere.

Nell’attuare questa riforma, per certi versi doverosa, si sta però commettendo un gigantesco errore di comunicazione, affidando il rapporto con gli inquilini ad asettiche lettere ufficiali, senza prendere contatto con le persone.

 

Trattandosi di un delicato settore del sociale, è necessario che la politica, che spesso ha contribuito alla creazione di queste storture, ci metta la faccia e innanzitutto spieghi le ragioni di questa riforma.

 

In secondo luogo va osservato che la platea dei beneficiari è molto differenziata, gli aumenti vanno pertanto valutati attentamente: nella casistica che abbiamo raccolto, c’è il pensionato “d’oro” a 1.800 euro al mese che vive con la moglie in una casa da 100 metri quadrati pagando 419 euro ora rivalutati in 573 euro: esso non avrà problemi a far fronte al rincaro oppure a trovarsi una nuova casa sul libero mercato. Diverso è il caso di una vedova anziana con la pensione minima e qualche risparmio in banca accumulato nel corso di una vita che si vede schizzare l’affitto da 37 a 369 euro al mese. Come si fa a vivere con poche centinaia di euro al mese?

 

Questi soggetti fragili, socialmente esposti, vanno intercettati e informati, diversamente ne risentiremo parlare soltanto quando, esauriti i risparmi e rinunciato alle cure mediche, saranno troppo poveri o troppo malati per continuare a pagare l’affitto.

 

La nostra richiesta, pertanto, è che i Servizi sociali del Comune e i rappresentanti delle aziende di edilizia residenziale pubblica si attivino innanzitutto con una serie di assemblee nei grandi complessi di case pubbliche per spiegare diritti e doveri previsti dalla legge, la quale offre in casi di particolare difficoltà economica la possibilità di una presa in carico da parte dei servizi sociali del Comune.

 

Per intercettare anche gli inquilini meno attivi, come possono essere gli anziani, è necessario mobilitare tutte le risorse dei servizi sociali per raggiungere il maggior numero di persone possibile.

 

Sottolineiamo che la Legge prevede trasferimenti in caso di abitazioni sottoutilizzate. Ciò rappresenta il caso tipico di anziani rimasti soli in appartamenti molto più grandi rispetto alle reali necessità. E’ impensabile dare corso ad una riforma di questa portata senza un’adeguata e capillare campagna informativa, oltre al fatto che a questi anziani deve essere riassegnato un appartamento possibilmente sempre nello stesso quartiere per non aggiungere al disagio di dover cambiare appartamento il disagio di aver perso i punti di riferimento, importantissimi per le persone anziane, del proprio quartiere.

 

Pertanto, lavoreremo contemporaneamente ad una mozione per frenare gli effetti più “radicali” della legge che in piena estate non possono essere adeguatamente affrontati.

 

Un altro aspetto dei rincari riguarda lo stato di manutenzione delle case pubbliche: malgrado la campagna di rigenerazione edilizia avviata sotto ai governi Pd, molto resta ancora da fare per rendere dignitosi certi complessi residenziale pubblici. Lo stato degli infissi e degli impianti tecnologici rendono spesso esorbitanti i consumi di gas ed energia elettrica per il riscaldamento. Non di rado le spese condominiali annuali sono un multiplo dei canoni di affitto che, con gli adeguamenti in corso, rendono l’abitare in alloggi pubblici molto molto costoso e disagevole.

 

E’ necessario pertanto chiedere a Comune e Regione di dare ulteriore impulso alla riqualificazione del patrimonio residenziale pubblico con un programma di investimenti certo e verificabile.

 

 

Il gruppo consiliare comunale Pd Verona

Federico Benini

Elisa La Paglia

Carla Padovani

Stefano Vallani

 

Categorie: Inchieste

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