Sembra uno scherzo ma è tutto vero: nell’ambito dell’attuazione del piano di completamento dell’illuminazione pubblica, i cittadini residenti nelle “diramazioni 18-20” di via Scuderlando stanno ricevendo lettere da parte della Direzione “Contratti e Utenze” del Comune di Verona che li invitano ad “acquistare” da Agsm gli impianti della luce attualmente operanti (completi di pali, lampade e contatori) o, in alternativa, di farsene di nuovi con altro gestore e a proprie spese.
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La comunicazione non cede nessuno spazio al dialogo: trascorsi tre mesi dall’avviso “le società in indirizzo (Agsm e Agsm Lightin, nda) sono autorizzate ad isolare gli impianti della rete pubblica di pubblica illuminazione ed aggiornarne la consistenza”.
Cosa sta accedendo? Com’ è possibile che anziché portare l’illuminazione pubblica nelle zone buie della città la stiano togliendo là dove c’è già? Sta accadendo che, seguendo un’interpretazione aberrante e sbagliata del concetto di suolo pubblico, già smentita dalla Corte di Cassazione, il Comune ritiene “non sussistente il diritto alla illuminazione pubblica” nelle diramazioni stradali che terminano in aree private non iscritte nei registri delle strade comunali. Nemmeno se i pali della luce già ci sono e sono funzionanti da decenni…
Peccato che un’ordinanza della Cassazione Civile (la numero 3216 del 7 febbraio 2017) abbia già stigmatizzato questo modo di ragionare, affermando senza possibilità di equivoco che “è in colpa la pubblica amministrazione la quale né provveda alla manutenzione o messa in sicurezza delle aree, anche di proprietà privata, latistanti le vie pubbliche, quando da esse possa derivare pericolo per gli utenti della strada, né provveda ad inibirne l’uso generalizzato. Ne consegue che, nel caso di danni causati da difettosa manutenzione d’una strada, la natura privata di questa non è di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità dell’amministrazione comunale, se per la destinazione dell’area o per le sue condizioni oggettive, l’amministrazione era tenuta alla sua manutenzione”.
E si dà il caso che alcuni dei casi segnalati riguardino proprio strade private che si affacciano sulla pubblica via, come nel caso delle diramazioni 18-20 di via Scuderlando.
Già in tempi non sospetti (settembre 2018) ho cercato di far valere questa impostazione di civiltà con una proposta di delibera tesa a far recepire al Comune gli indirizzi della Cassazione, ma questa impresentabile maggioranza ha insabbiato la proposta in commissione. Negare l’illuminazione pubblica significa ignorare i doveri fondamentali di un Comune il quale, nel momento in cui consente alla collettività di utilizzare un’area di proprietà privata per il pubblico transito, si assume anche l’obbligo di accertarsi che la manutenzione dell’area e dei relativi manufatti non venga trascurata. Questo vale per strade, marciapiedi e naturalmente illuminazione.
Gli stessi amministratori che negli anni ‘50 affrontarono la Ricostruzione a Verona stabilirono che, a determinate condizioni, l’illuminazione pubblica dovesse raggiungere ogni casa situata in vicoli, strade e corti che avesse ottenuto una numerazione civica e che avesse avuto sbocco sulla pubblica via.
Non vale scomodare paroloni come “eterogensi dei fini” per descrivere questa situazione assurda per cui un piano (peraltro copiato di sana pianta da una delle mie primissime proposte presentate ad inizio mandato) pensato per portare l’illiminazione pubblica dove ancora manca finisce per spegnarla dove già c’è. Più consona è l’espressione di Repubblica, anzi, Amministrazione delle Banane. Che razza di Sindaco riuscirebbe a trasformare un’azione intimamente progressiva e civile in una fonte di oppressione, costi e preoccupazioni per i cittadini? Con gente pavida e inconcludente come quella che compone questa giunta Verona non si sarebbe mai risollevata dalla Guerra, non avrebbe mai fondato i Magazzini generali, il Consorzio Zai, la Fiera, il Quadrante Europa e tutte le opere che hanno fatto grande e ricca la nostra città. Pertanto tornerò a chiedere che la mia proposta di delibera del settembre 2018, per il recepimento degli indirizzi della Cassazione Civile, venga sbloccata in commissione e portata in Consiglio, così che l’amministrazione possa adeguarsi e riconoscere il diritto all’illuminazione pubblica a tutti i cittadini.
Federico Benini, capogruppo comunale Pd Verona