La Polizia municipale ha svolto un lavoro encomiabile nel cercare di mettere ordine nella giungla portata dalle ditte di noleggio di monopattini che hanno cominciato ad operare in regime di assoluta anarchia, ma ancora oggi non è chiaro il significato di questa sperimentazione e il ruolo che questi mezzi dovrebbero giocare nel sistema della mobilità cittadina.

Del resto non poteva andare diversamente: in una città come Verona, dove l’auto la fa ancora da padrona, dove le zone trenta sono poche e per nulla rispettate, dove il concetto di mobilità sostenibile è sostanzialmente impraticabile al di fuori di un pezzo di centro storico, dove le strade pedonalizzate si contano sulle dita di una mano e la rete di piste ciclabili è quanto meno frammentata, parlare di micromobilità è un po’ come pretendere di costruire una casa partendo dal tetto.

Il monopattino può risolvere il problema degli ultimi 500 metri di spostamento ma non ci dice come arrivare agli ultimi 500 metri. Il documento che avrebbe dovuto mettere qualche punto fermo a questo proposito, ovvero il Pums, è in forte ritardo. La propaganda attuata sulla micromobilità ha oscurato e ulteriormente rinviato tutte le soluzioni più efficaci che potevano essere attuate: il piano complessivo della mobilità, l’ampliamento dei percorsi ciclabili, le corsie preferenziali, le misure di mitigazione ambientale come piantumazioni e barriere verdi a protezione dei quartieri lungo tangenziali e autostrade, col risultato che oggi siamo di nuovo a riprendere il conto dei superamenti nei livelli di Pm10.

Per il gruppo consiliare comunale Pd
Federico Benini, Elisa La Paglia, Stefano Vallani

Il Segretario cittadino Pd
Luigi Ugoli


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